#ArtistFocus | Kiesza, 4 tracks

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Dopo aver parlato di grandi artisti, questa volta ho deciso di scrivere una rubrica riguardo ad una delle mie ultime fisse: Kiesza.


Chiunque mi conosca, sa che provo un amore particolare per gli One Hit Wonder e credo che molti di questi meritino molto di più di alcuni cantanti già affermati. Un esempio lampante è, per l’appunto, Kiesza, oppure “quella di Hideway”.
Kiesza è una cantante, ballerina, autrice e produttrice. Nelle sue canzoni dimostra una grande capacità nell’eseguire sia up e mid-tempo che struggenti ballad ed è in grado di offrire performance perfette sia sul piano vocale che a livello coreografico.
Io trovo sia una forza della natura, un tornado d’energia che vorrei fosse conosciuta dal pubblico non soltanto per la sua hit “Hideway”; ecco quindi che ho deciso di trascinarmi con voi in questo breve viaggio, lungo solo quattro tappe, sperando di riuscire nell’intento di fornirvi una panoramica un po’ più ampia su questa bravissima e giovane cantante canadese.

Monks of Despair - Kiesza 

Partiamo dal suo primo album pubblicato indipendentemente nel 2008, sconosciuto praticamente a tutti.
Questo album avrebbe dovuto avere il compito di lanciare Kiesza nel mercato internazionale, solo che non ebbe molto successo e, proprio per questo, ben 4.500 copie vennero regalate ai militari canadesi partiti in missione per l’Afghanistan.
Dopo questo primo e vano tentativo, la cantante iniziò subito a scrivere nuove canzoni per il suo prossimo lavoro.
La canzone della quale vorrei parlarvi è Monk of Despair: questo brano è un'ode a Dio e alla ricerca di sé stessi. Kiesza immagina di guardare la sua vita affacciata alla finestra di casa sua come fosse un grande scenario da osservare e si chiede se tutto andrà sempre come vorrebbe, se potrà mai avere la chance di vivere una vita migliore e, quindi, arriva ad un certo punto in cui si domanda che cosa ne sarà del suo destino e se la fede riuscirà ad accompagnarla per tutta la sua vita. E' qui che rivela il proprio bisogno di rivolgersi ad un entità superiore e divina. Metaforicamente, si paragona ad un monaco che prega Dio in preda alla disperazione e all'insicurezza più totale di perdere la fede, l’unica cosa che sa potrebbe salvarla da tutte quelle incertezze che la vita, spesso, pone davanti; infatti il ritornello recita:
"Oh God, I know you're there/ I am your monk in despear in my prayer/ And I was unprepared to have a faith in this destiny.."
Sicuramente un verso molto profondo e personale che riassume al meglio le sensazioni che Kiesza vuole trasmettere tramite questo brano intorpidito da un’atmosfera di sottile insicurezza.



Baby I'm Your Music – Kiesza

Continuiamo a parlare di questo album nel quale tutte le tracce audio si incastrano e raccontano un po' di storia come se fosse un vero e proprio lavoro autobiografico.
Da notare che Kiesza, quando ha inciso questo lavoro (scritto e prodotto interamente da se stessa), aveva solo 19 anni e la sua voce risultava un po’ più immatura rispetto a quella attuale, ma non è sicuramente questo che la rende meno brava agli occhi di chi è riuscito ad andare “oltre” ad Hideaway.
Baby I’m Your Music è la canzone più coinvolgente, vivace ed accattivante dell’intero “Kiesza”.
In questo brano, l’autrice si rivolge direttamente all'ipotetico uomo dei suoi sogni paragonandosi ad una canzone, sperando di essere così la sua musica (e la musa) preferita e sperando anche che, prendendo le sembianze delle sette note musicali, lei possa sentire chiaramente il battito delle emozioni e dei veri sentimenti del suo uomo, poiché crede che sia proprio la musica a smuovere qualsiasi tipo di emozione interiore, soprattutto quelle più reali che difficilmente vengono esternate quotidianamente. Ecco quindi da cosa nasce questa sua simpatica idea di volersi identificare in una canzone, proprio per toccare pezzi d’anima che, generalmente, l’uomo si ostina a non considerare e a non vedere.
Il culmine del pezzo viene raggiunto durante gli ultimi due minuti di durata, grazie ai quei cori che richiamano velatamente le atmosfere del canto gospel e che ripetono tante volte di seguito proprio il titolo della canzone, come se Kiesza volesse urlare a squarcia gola il suo desiderio di voler essere la colonna sonora della vita del suo ragazzo.



Cut Me Loose – Sound of a Woman

Dopo aver conquistato le classifiche mondiali con la coinvolgente “Hideaway”, Kiesza rilascia il suo album “Sound of a Woman”, un lavoro discografico eterogeneo, carico di contenuti e di sfaccettature sonore. Kiesza gioca con i generi musicali e si muove fra il pop, la dance, la deep house e l’R&B.
Fresca, vitale e carismatica, Kiesza in questo album sfrutta tutta la sua potenza vocale offrendo un gran bell’album in cui i contenuti, le melodie e i ritmi si fondono in una miscela energica ed inebriante, adatta ai più disparati contesti.
Vorrei parlarvi di Cut Me Loose, una ballata molto malinconica che racconta di una rottura amorosa, ma che, al tempo stesso, riesce a trasmetter ideali di forza e voglia di riscatto. Possiamo notare questi due sentimenti contrastanti analizzando proprio il testo della canzone: nelle strofe traspare tutta la sua rassegnazione e desolazione di aver perso qualcosa (o qualcuno) che, probabilmente non era mai stato suo; di grande effetto, infatti, è ad esempio il verso che recita "I had eyes on the treasure I couldn't keep" , che riesce ad esprimere chiaramente l'aspetto malinconico del brano; la desolazione e la rassegnazione vengono poi smorzate ogni volta da un dirompente ritornello che dichiara in modo deciso "Cut me loose/and try to forget me/I'll be better on my own". E' tramite questo verso che la cantante si convince del fatto che potrà stare bene e ritrovare sé stessa solo rimanendo con sé stessa, sperando al tempo stesso che il suo uomo la dimentichi per sempre.




Prayer in C – Cover

Per concludere questo nostro viaggio, ho deciso di farvi ascoltare una cover, una tra le mie preferite proposta da Kiesza, ovvero quella di “Player in C”, canzone di Lilly Wood e Robin Schulzs.
Kiesza re-interpreta e ci regala un’esecuzione del brano in chiave acustica, cantando solo con una chitarra, una band e dei coristi.
La voce di Kiesza si poggia molto delicatamente durante le prime note, per passare poi ad alcuni piccoli e gradevoli giochi col falsetto, fino a dar luogo ad un vero e proprio crescendo vocale che si può notare soprattutto verso la fine dell’esecuzione, in cui intervengono maggiormente le coriste ed una batteria in sottofondo.
Non c’è molto da dire, se non che la cantante sia riuscita, grazie a tutta la sua professionalità, a dar vita ad una versione piacevolissima ed estremamente personalizzata di un brano che io personalmente ho sempre apprezzato molto e confermando così le sue abilità vocali, il suo talento e la sua versatilità musicale.



Il nostro viaggio alla scoperta di Kiesza termina qui. Cosa ne pensate? Credete anche voi che il mondo della musica non dovrebbe dimenticare quest’artista?

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