Recensioni Album: "Rainbow" di Kesha

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Oltre a quello di Ed Sheeran, Kendrick Lamar, Katy Perry, Lorde e Jay-Z, uno dei comeback musicali più chiacchierati dell'anno è stato sicuramente quello di Kesha Rose Sebert, chiamata semplicemente Kesha. Ebbene si la colei che ha scalato le classifiche a cavallo del 2009-2010 con le hit super dance "Tik Tok", "Your Love Is My Drug" e "We R Who We R", è tornata sulle scene con il suo nuovo album "Rainbow", seguito del suo poco fortunato "Warrior.", risalente al quasi lontano 2012.



In questi ultimi anni come ben sapete la ragazza ne ha passate di cotte e di crude: il tutto ha inizio nell'ottobre del 2014 quando la cantante statunitense accusò Dr Luke, (nientedimeno che il suo produttore che l'aveva portata al successo) di aver abusato di lei sessualmente e psicologicamente. Con la causa intentata contro di lui, Kesha cercava di liberarsi dal contratto che dal 2005 la legava alla Kemosabe (etichetta fondata dal producer stesso), ma le cose non andarono esattamente come lei sperava che andassero. La sua richiesta di recidere il contratto fu annullata e i successivi ricorsi alla sentenza non portarono a nulla: Kesha, per disgrazia della sorte, ne uscì dalla vicenda letteralmente sconfitta, derisa, ferita e distrutta, sia dal punto di vista artistico e sia dal punto di vista psicologico. Un vero e proprio incubo, era come se fosse imprigionata in una gabbia, per 5 anni per via di questa causa non ha potuto dedicarsi alla sua passione, ciò spiega il perché un suo album accordato con i The Flaming Lips nel 2013 sia stato poi inesorabilmente accantonato.
Fortunatamente nel bene e nel male un modo per mantenersi in contatto con la musica e con i fans si era trovato: nell'aprile del 2016 la abbiamo vista far un'apparizione a sorpresa ai noto Coachella, è stata rilasciata una collaborazione con il dj tedesco Zedd ("True colors"), è salita sul palco del Dylan Fest (maggio 2016) e ha intrapreso tra luglio-ottobre 2016 un tour negli Stati Uniti che l'ha vista riarrangiare le sue canzoni in uno stile più country e rock'n'roll e molto meno pop-dance. Erano segnali che qualcosa stava per arrivare e che quello che le era stato negato da tempo si sarebbe dimostrato poi la sua salvezza.

Nel gennaio del 2014 mentre stava in una clinica di riabilitazione Kesha ha impugnato la penna per cominciare a scrivere le nuove canzoni e lo ha continuato a fare fino lo scorso autunno. Infatti tutte le sue canzoni qui contenute portano la sua firma, e scrivere, secondo quanto riferito da lei stessa nelle recenti interviste, è stato come una sorta di sfogo per convertire la negatività in qualcosa di positivo, un modo per disfarsi dai demoni e dai cattivi pensieri che la opprimevano. Guarda a caso il titolo "Rainbow" sta proprio per identificare a tutti gli effetti "la quiete dopo la tempesta", una pace finalmente raggiunta. Kesha è ora una fenice rinata dalle sue stessi ceneri, "Sono fiera di me stessa, niente più mostri, posso ancora respirare, tu dicevi che ero finita, beh, ti sbagliavi il meglio ora deve ancora avvenire" intona accompagnata da soavi cori gospel nella emozionante e potente "Praying", il primo singolo con il quale ha annunciato il suo ritorno circa un mese fa.


Come ci si aspettava, quasi tutto l'album gira attorno al tema della "Rinascita" e del "Seft-Empowerment" ed è pensato per tutti coloro che l'hanno sempre seguita e che attendevano con ansia il suo ritorno. Kesha infatti si rivolge direttamente ai i suoi fans dichiarandosi libera e più forte che mai, ma non solo, Kesha ormai rinata gli sprona per far sì che diventino forti come lo è diventata lei.
Tutto ciò avviene rispolverando il suo stile: abbandonando in tutto e per tutto la dance pop e l'elettronica per far spazio al rock, il country e al folk dai forti richiami anni 70-80. Tutto ciò che l'era stato impedito di fare in passato, ora lo sta facendo con il massimo orgoglio e con la sua autentica voce.

Guarda a caso il disco si apre con la melodiosa "Bastards" con la quale Kesha si mette a favore dei più deboli e di coloro che come lei, hanno subito ingiustizie, in che modo? Incitandogli a non farsi mettere i piedi in testa dagli haters o dai bulli, dolcemente chiamati "Bastardi" o "pezzi di M*rda: "Don't let the bastards get you down, oh no/Don’t let the assholes wear you out". Si presenta sullo stesso filone anche la casinista "Let 'Em Talk" (forgiata in collaborazione con gli Eagles of Death Metal) che sembra essere uscita da uno dagli ultimi dischi di Avril Lavigne. Poi con la sfacciata "Woman" arriva il momento di rivendicare su una frizzante uptempo country/rock, il suo essere una fottutissima donna intraprendente che non ha bisogno di nessun uomo, al suo fianco ci sono le trombe dei The Dap King Horns che danno quel tocco funky anni 50.



Le danze successivamente si placano per lasciar spazio alla profonda e riflessiva "Hymn" una low-tempo caratterizzata da beat avvolgenti, descritta da lei stessa come un inno per coloro che come lei sono imperfetti ed umani.
Con il bel "whooa" di "Lean To Let Go" si passa ancora una volta a parlare di lasciarsi il passato alle spalle e di aver preso il controllo della propria vita, per poi andare alla ricerca della persona che amiamo e che ci voglia bene nella quasi insipida "Finding You". Arriva poi il momento dell'armoniosa e delicata title-track (ovvero "Rainbow"), il timone portante del disco, non solo si rivela una ninna nanna che porta coccole e tenerezza ma anche una solenne promessa a sé stessa, la pura dimostrazione che niente ora non la potrà più scalfire perché ha imparato finalmente a volersi bene.



Si prosegue con brani che non propongono delle tematiche profonde e impegnative come le precedenti ma che sono mirati ad animare il tutto e a coinvolgere l'ascoltatore: ci spostiamo nel lontano Far West sulle note della romantica e folle "Hunt You Down" e dopo esserci scatenati all'impazzata con strimpelli di chitarra elettrica in "Boggie Feet", Kesha tira fuori il suo asso nella manica, la sorprendente e ritmata "Boots"! Impossibili restare impassibili difronte a tanta e tanta energia, questa banger è destinata assolutamente ad infiammare le classifiche e le piste da ballo, se fosse stata scelta come singolo si sarebbe dimostrata un'ottimo trampolino di lancio, che Kesha abbia voluto lasciare qualche segno del suo passato dance?

Indubbiamente una delle collaborazioni più interessanti dell'album è in assoluto quella con Dolly Parton, peccato che non avviene su un inedito, ma in una riciclata versione di "Old Flames (Can't Hold a Candle)" una cover di un brano della diva del country già proposto da Kesha nell' EP Decunstructed. Un'occasione davvero mancata le due assieme non combaciano, la voce di Kesha viene messa in secondo piano da quella soft e melodica di Dolly. L'aggiunta di batterie non è riuscita a svecchiare e a rendere moderno il brano, che a lungo andare risulta un po' pesante, nonostante il tutto si animi di grida grintose e percussioni verso il finale. Sarebbe stato più coeso farlo integrare in qualche album o raccolta della Parton, capisco l'intenzione di rendere onore alla famiglia visto che è stato scritto da sua madre, ma in questo album non aggiunge niente di speciale.



Al fianco del noto Natham Chapman Kesha scrive una lettera al leggendario mostro "Godzilla" accompagnata solo da una chitarra. Una canzone leggerissima e spensierata che potrà sembrare un po' infantile, ma al suo interno contiene un importante messaggio: che se ami una persona non t'importa del suo aspetto fisico e della opinione della gente.
Il tutto si chiude con sonorità di banjo in "Spaceship" una ballad a tinte bluegrass dal forte sapore anni 60 con la quale rivendica di aver trovato la salvezza in un mondo spietato e desolato grazie alla sua famiglia che le vuole bene e che la sa apprezzare per i suoi difetti. La canzone può essere considerata come una sorta di omaggio al noto film "E.T. l'Extra Terrestre" non solo per via della tematica sulla diversità ma per i segnali UFO che possono essere uditi nel finale, un chiaro riferimento alla copertina del disco.


Nonostante la maggior parte delle tracce scivoli via senza lasciarti nulla di woow e a lungo andare si presenti come un progetto piuttosto piatto per il suo essere monotematico, "Rainbow" è la prova che una Kesha del tutto inedita è riuscita a raccontarci una storia molto convincente e ricca d'emozioni. Un album dallo spirito tosto sostenuto da un canto curdo e di rabbia, ma se dobbiamo essere un po' pignoli sarebbe stato meglio se fosse stato sostenuto da una tecnica decisamente migliore.
Le malelingue che la volevano finita e dimenticata, dovranno mettersi il cuore in pace, ha dimostrato al 100% di offrire un progetto valido e di essere diventata più forte e determinata dopo un periodo difficile.  Non vorrei sembrare cinico, ma se dobbiamo essere sinceri, era assai prevedibile che Kesha avrebbe intrapreso questa rotta e che se non fosse stato per il caso Dr Luke di lei ce ne saremmo totalmente dimenticati e questo album non avrebbe mai visto la luce, bisogna ammetterlo, già si era percepito che il pubblico aveva mostrato un certo disinteresse verso di lei, i numeri un po' scarsini dell'era "Warrior" ne sono stati la conferma; ma pazienza, dopotutto chi siamo noi per giudicare senza sapere la verità assoluta? Morale della favola chi "l'ha dura la vince" e "dai diamanti non cresce nulla, dal letame crescono i fiori", che siano rigogliosi o non, sono e restano pur sempre fiori.
Il lavoro di ricollocamento sembra buono, dopo anni ed anni è finalmente è tornata in TV e prossimamente partirà per un Tour, chissà se oltre la critica anche le vendite saranno dalla sua parte, noi ci auguriamo che ora e in futuro possa proseguire la sua carriera con serenità e senza intoppi, ma siamo sicuri che lei non si fermerà perché ora è più agguerrita che mai.


La nostra recensione finisce qua, grazie per averci letto.





Voto finale da parte dello staff: 

62/100

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