“Starboy” svolge un ruolo importante per The Weeknd, dato che è proprio l’album che può consolidare la sua figura nello star business, oppure tramutarlo in uno dei tanti fenomeni del momento. Ma che sound ha scelto per questo suo importante ritorno? Leggendo la varietà di nomi nei crediti (dove compaiono nomi già noti per il cantante come i produttori Doc McKinney e Max Martin) e fidandosi sui nomi elencati nelle influenze per l’album (Prince, David Bowie, e molte altre band alternative-rock anni ‘80), si prospettava una nuova evoluzione sonora da parte di Abel, dopo la svolta simil-pop di “Beauty Behind The Madness”. E su questo non ci delude, offrendoci uno stile completamente diverso rispetto ai suoi lavori precedenti, un R&B contaminato da molti elementi synth-pop e dance anni ’80.
Insomma, riusciranno queste 18 tracce che compongono “Starboy” a conquistare il pubblico, come già ha fatto in passato? Entriamo nel vivo del progetto e scopriamolo!
1. STARBOY feat. Daft Punk
L’album inizia in medias res con il primo singolo, nonché title-track dell’album.”Starboy” si presenta subito come una delle tracce più meritovoli, in modo particolare grazie alla mano d'oro del duo Daft Punk, che creano un'ottima base electro-R&B arricchita da sintetizzatori potenti. Abel tira fuori invece il suo stile a metà via tra il canto ed il rap, con un ritornello spoglio, ma abbastanza incisivo. A livello tematico, The Weeknd parla del suo status di celebrità, autodefinendosi “starboy”, ovvero una persona una persona importante e degna di nota. Questa collaborazione con i Daft Punk si presenta come un'adatta introduzione e linea guida per l'album, dove ci troveremo molte tracce somiglianti.
2. PARTY MONSTER
Segue la stilla linea di genere e stile anche il pezzo successivo, anche se qui con maggior potenza. I sintetizzatori ed i bassi della produzione che esplodono durante i versi creano un'atmosfera sinistra, ma soprattutto euforica, dando quasi una sensazione di pericolo e di paranoia, mentre Abel sfrutta perfettamente la melodia, dando un'interpretazione più pacata e bassa nel registro vocale durante il ritornello, ed invece più dinamica ed alta durante i versi. La canzone parla infatti di una ragazza ruggente, un vero “mostro da festa”, sia per l'atteggiamento che per il suo corpo formoso. Nell'outro compare brevemente nei background vocals la cantante Lana Del Rey (che ritroveremo e di cui ne riparleremo più avanti), ripetendo in modo dolce “paranoid” insieme all'artista principale. In questo brano dobbiamo complimentarci per lo splendido lavoro svolto nel creare la base, ad opera di Ben Billions, McKinney e dello stesso Tesfaye, e con The Weeknd per la sua abilità nel saperla “cavalcare” magistralmente; “Party Monster” si aggiudica il titolo di miglior brano di “Starboy”.
3. FALSE ALARM
Terzo brano e terzo cavallo di battaglia dell'album!The Weeknd mantiene un tono basso, alterato dall'auto-tune, e ci canta nuovamente di una donna, ma questa volta di una donna falsa, dominata dal materialismo ed assuefatta dalla ricchezza; insomma il tipo di donna di cui ci ha già parlato molte volte nelle sue canzoni. Ma il punto saliente della canzone avviene nel ritornello, dove la tensione creata attraverso i versi si stravolge completamente trasformandosi in pura pazzia, grazie alla voce di The Weeknd che urla “false alarm” più volte, e la base che diventa un elettro-punk aggressivo e travolgente. La traccia si conclude inaspettatamente con un campionamento preso da una canzone etiope, “Y'shebellu” di Aster Aweke. Non siamo certamente di fronte al brano più immediato, anzi al contrario ha bisogno di vari ascolti prima di essere assorbito appieno, eppure riesce a farsi notare come una delle traccie più particolari dell'album, ed è forse questo il motivo che hanno portato a sceglierla come singolo promozionale, nonostante le poche capacità commerciali.
4. REMINDER
Rallentiamo ora leggermente il ritmo con il quarto brano della tracklist. Possiamo definire “Reminder” come la seconda parte di “Tell Your Friends”, contenuta nel suo secondo album: come in quest'ultima infatti, The Weeknd cerca di convincere il suo pubblico di essere rimasto la stessa persona, anche se può sembrare che lui sia cambiato. Nel testo risponde anche alle numerose critiche, replicando di non voler essere un modello generazionale, facendo anche riferimento ai vari premi vinti. “Reminder” è quindi una filler leggera, che non risalta particolarmente, ma che non rovina nemmeno il risultato finale.
5. ROCKIN
Probabilmente la canzone che qualsiasi casa discografica vorrebbe avere: ritmo catchy e ballabile, ritornello incisivo, frasi pronte per essere canticchiate in qualsiasi momento e situazione ci si possa trovare, insomma tutti gli ingredienti per una hit pronta per essere scagliata in radio. Non a caso, tra i crediti per la produzione e scrittura troviamo il noto hit-maker Max Martin, fautore della canzone che ha raggiunto i risultati commerciali più esaltanti di The Weeknd, ovvero “Can't Feel My Face”. L'intenzione era chiaramente quella di replicare proprio quest'ultima, tuttavia “Rockin” rimane nella mediocrità di molte altre uptempo dance-pop con influenze anni '80, senza aggiungere quel tocco in più a “Starboy” e alla discografia di Abel.
6. SECRETS
Dopo questa prima delusione, possiamo consolarci con quella che potrebbe sembrare la sorella gemella (e migliore) di “Rockin”. “Secrets” è infatti una delle canzoni più seducenti e spensierate del disco, ma pur sempre mantenendo quell'aura di mistero intoccabile per l'artista. La sua voce suadente (che durante i versi tocca le note più basse della sua intera discografia) e un beat piacevole che strizza decisamente l'occhio alla musica disco-funk dominano in questa canzone, regalandoci un brano perfetto per approcciare una ragazza con cui scatenarsi in pista da ballo. Non sfigura nemmeno il ritornello, ripreso da “Talking In Your Sleep” dei The Romantics, anche se non brilla certamente per l'originalità. Un esperimento ben riuscito per The Weeknd ed una delle traccie più scorrevoli di “Starboy”.
7. TRUE COLORS
Continua sulla scia delle influenze old-school anche la successiva “True Colors”, anche se purtroppo non con gli stessi risultati. Questa volta Abel si getta sulla musica puramente R&B, cantando un inno d'amore verso la sua partner, chiedendole di mostrare i suoi “veri colori”, ovvero ciò che è lei realmente. Eppure il brano risulta essere uno dei più approssimativi di tutto il progetto, con un'interpretazione forzata e una produzione (ad opera di Cashmere Cat, Benny Blanco e Swish) discreta, ma non eccellente come nei brani precedenti. Questa si tratta della prima collaborazione tra Cashmere Cat e The Weeknd che troviamo nel progetto, ma sembra che in questo caso nessuno dei due sia riuscito a valorizzare le doti dell'altro. Un ulteriore passo falso per Abel, in un brano che non colpisce e che poteva essere tranquillamente scartato.
8. STARGIRL (INTERLUDE) feat. Lana Del Rey
Ed arriviamo finalmente ad uno dei brani che più hanno incuriosito il giorno dell'uscita della tracklist e dei crediti: la seconda collaborazione tra The Weeknd e Lana Del Rey. “Prisoner”, contenuto in “Beauty Behind The Madness”, aveva saputo stupire gli ascoltatori, regalandoci uno dei momenti più intensi del disco; paradossalmente non è da meno nemmeno questa brevissima interlude! Il brano parte con la voce dolce e sensuale di Lana, accompagnata da un basso leggero e da percussioni, che canta soavemente di una sua fantasia sessuale molto spinta. All'apice della canzone (e del testo) partono degli archi, mentre Lana raggiunge note più acute, “urlando” tutto il suo piacere. A concludere il tutto ci pensa Abel, cantando come in un coro “I just wanna see you shine, 'cuz I know you are a stargirl”. “Stargirl”è un breve momento ipnotico di passione ed erotismo, dove i due cantanti dimostrano nuovamente la loro alchimia nello studio di registrazione. L'unica pecca del brano? La decisione di renderlo una semplice interlude! Se fosse stato sviluppato fino a fondo, con l'aggiunta di un verso di The Weeknd chiaramente, si sarebbe meritato a pieno titolo il riconoscimento di miglior canzone di “Starboy”. Ahimé, possiamo solo accontentarci di mettere in loop “Stargirl” e sperare nella versione completa in futuro.
9. SIDEWALKS feat. Kendrick Lamar
A metà disco, troviamo la terza delle cinque collaborazioni del progetto, quella con il rapper Kendrick Lamar. Anche qui troviamo una melodia martellante, grazie ad un riff di chitarra che riecheggia per tutta la durata del pezzo. The Weeknd tira fuori ancora una volta il suo simil-flow, rappando, con una voce purtroppo fastidiosamente modificata con del non necessario auto-tune, sulle sue origini: come sappiamo il cantante ha passato alcuni anni senza una casa e vivendo su dei “marciapiedi”, ma camminando su questi e riuscendo a lavorare, pur sempre mantenendo un profilo basso, è riuscito a guadagnarsi la fama ed il successo che ha oggi. E chi meglio poteva aiutarlo a parlare di povertà e duro lavoro se non proprio Kendrick Lamar, il quale, attraverso il suo flow stravagante e senza regole, torna a parlare della difficile vita di strada. Ad occuparsi del ritornello troviamo invece gli acuti del cantante emergente Daniel Wilson (da molti erroneamente confuso per Sam Smith). Insomma, un miscuglio di tre artisti per un risultato di ottima fattura, che colpisce fin dal primo ascolto.
10. SIX FEET UNDER
Alla traccia numero dieci, troviamo una collaborazione non creditata con il rapper e amico Future, che compare nel ritornello. Non è la prima volta che i due si ritrovano insieme in un brano, l'ultimo dei quali era stato “Low Life”, che riuscì anche a farsi notare nelle classifiche americane. Questa “Six Feet Under” segue la falsa riga della traccia sopracitata, ovvero una classica canzone trap dal ritmo semplice e pronto per essere suonato nei club statunitensi, che sarebbe stata molto più a suo agio in un album del rapper di Atlanta piuttosto che qua in “Starboy”. Nulla di nuovo per nessuno dei due interpreti, anzi solo una ripetizione del solito modello riproposto nell'ambito urban/trap.
11. LOVE TO LAY
Ritorniamo alle sonorità più danzereccie con questa uptempo dance-pop, dove troviamo l'artista lamentarsi paradossalmente per aver scelto una donna il cui unico scopo era un rapporto occasionale. “Love To Lay” è la seconda canzone prodotta da Max Martin (aiutato da Ali Payami) ed è anche la seconda delusione da parte del binomio Abel-Martin: siamo infatti di fronte ad una melodia facile e ad un ritornello orecchiabile, ma anche qui troviamo difficoltà nel trovare le vere abilità del cantante, soverchiate da un pop decisamente più immediato rispetto al materiale di cui ci ha abituato in passato.
12. A LONELY NIGHT
Come “Secrets” era la versione migliorata di “Rockin”, lo stesso accade con “A Lonely Night”, che, pur mantenendo una certa somiglianza con la canzone precedente, riesce a risultare di maggiore impatto. Tuttavia questa volta è lo stesso cantante a rimproverare la sua donna per aver creduto che ci possa essere stato qualcosa in più di un amore in una “notte solitaria”. La produzione è di nuovo a capo di Max Martin a Ali Payami, che questa volta non deludono totalmente, soprattutto nell'aggiunta del break durante il bridge, una vera esplosione di energia. Come in “Secrets”, The Weeknd torna a conquistare noi e le piste da ballo!
13. ATTENTION
Ci discostiamo dalle canzoni precedenti con la traccia numero 13. Accompagnato da dei vocalizzi per tutta la durata del pezzo, è ancora una donna alla ricerca ossessiva di attenzioni quella di cui canta The Weeknd, su una produzione alternative R&B a carico di Cashmere Cat, Benny Blanco e Frank Dukes. “Attention” scorre via passando totalmente inosservato nell'orecchio dell'ascoltatore, soffrendo una mancanza di una maggiore spinta sia a livello di produzione che a livello interpretativo.
14. ORDINARY LIFE
Con “Ordinary Life” ci ritroviamo di fronte alle medesime pecche della traccia precedente. Un beat PBRNB poco convincente e un'interpretazione poco sentita; l'unico elemento che salva parzialmente il brano è forse il testo, dove The Weeknd inizia a sentire le conseguenze del suo stile di vita che lo stanno auto-distruggendo, accostando oggetti materiali con simboli più sacrali. Nel complesso, un'altra traccia facilmente eliminabile.
15. NOTHING WITHOUT YOU
Un miglioramento lo troviamo proprio in questo nuovo brano, che mantiene comunque la stessa struttura della coppia che abbiamo appena ascoltato. Per questa midtempo electro-R&B, confezionata da un hit-maker di tutto rispetto, ovvero Diplo, l'artista canta un'ode di amore verso la sua donna, dimostrando che lui non sarebbe nulla senza di lei. Una delle più raffinate a livello testuale e molto più naturale nella vocalità di Abel, la debolezza di “Nothing Without You” sta semplicemente nel posizionamento troppo vicino a canzoni a lei simili, che rendono l'ascolto soffocante e ripetitivo.
16. ALL I KNOW feat. Future
Riusciamo finalmente a prendere una boccata d'aria grazie alla seconda collaborazione tra The Weeknd e Future. Su una base semplice, a cura di Cashmere Cat e Ben Billions, composta quasi esclusivamente da dei bassi tonanti, che raggiungono il loro apice durante il ritornello, Abel crea un'atmosfera misteriosa e cupa, cantando melodicamente alla propria partner cercando di rassicurarla sulle sue intenzioni che vanno oltre il solo sesso. Non mancano nemmeno i vocalizzi nello sfondo della produzione, che hanno caratterizzato il suo stile musicale ad inizio carriera. Questa volta nemmeno la presenza di Future sfigura, rappando il suo verso con estrema dimestichezza sul beat, similmente ad altri pezzi che ci ha proposto. Abbiamo finalmente spezzato la catena della monotonia con “All I Know”, e possiamo riprendere soddisfatti l'ascolto del disco.
17. DIE FOR YOU
Continuiamo la parabola positiva finale grazie a questa mid-tempo alternative R&B prodotta da nomi già familiari all'interno di “Starboy”, McKinney e Cashmere Cat. The Weeknd si rivolge con un tono più melancolico alla sua amata, confessandole che, anche se ormai il loro tempo è scaduto, lui non ha smesso di amarla e “morirebbe per lei”. Nonostante non si tratti di una traccia perfetta, Abel tira fuori il suo lato più emotivo e suonando perfettamente naturale; questo è quello che cerchiamo nel nuovo The Weeknd, un'evoluzione senza troppa artificiosità.
18. I FEEL IT COMING feat. Daft Punk
Si conclude questo lungo viaggio, con una delle canzoni più fresche e frizzanti del progetto, nonché il secondo featuring con i Daft Punk. Ritorniamo direttamente agli anni '80 con un ritmo decisamente funky-oriented che non può non ricordarci le vecchie hit di Micheal Jackson, fonte da cui Abel non ha mai smesso di trarre ispirazione. “I Feel It Coming” non brilla certo per la sua originalità (potrebbe essere stato facilmente inserito tra i pezzi che compongono “Random Access Memories” del duo di DJ di musica electro-funk), eppure riesce a catturare grazie anche all'agilità con cui il cantante PBRNB si muove tra le note del pezzo, segno di come riesca ad essere a suo agio quando segue le orme del suo maestro. Un modo piacevole per terminare un album che iniziava realmente ad essere pesante.
E’ arrivato il momento di trarre delle conclusioni da questo confuso “Starboy”. L'intenzione di The Weeknd era sicuramente quello di creare un album che potesse riflettere il suo status attuale, ovvero quello di uno “starboy” che è riuscito a farsi strada dopo alcuni anni nel panorama mondiale e che vuole dimostrare tutta la sua sicurezza nell'esserlo. Proprio quest'ultima dote sicuramente non gli manca, e lo dimostra spavaldamente in ogni traccia del progetto e nella sua capacità camaleontica di rinnovare il suo stile: quello che manca però è una vera e propria coesione e solidità nel saper sfruttare questa sua continua evoluzione nel sound. “Starboy” è infatti composta da canzoni molto valide che sanno dimostrare il suo talento e canzoni insipide e superflue che creano un velo monocromatico per tutta la durata del disco. La ripetitività è la vera debolezza del progetto che semplicemente una selezione più accurata (bastava ridurre il numero delle traccie) poteva evitare. Non ci sentiamo però di bocciare totalmente l'album, perché significherebbe scartare anche un The Weeknd più maturo a ancora capace di diffondere qualità nei suoi pezzi, ma chiediamo solo un maggiore impegno nel saper creare album più sintetici e meno dispersivi. Nel frattempo, possiamo consolarci nel vedere un Abel ancora fedele al suo stile misterioso e ricco di simboli nel cortometraggio uscito qualche settimana prima del disco, intitolato “M A N I A”.
VOTO CONCORDATO CON LO STAFF: 76/100
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